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Pubblicato lunedì 30 Novembre, 2020
… noi che siamo normali, noi possiamo far tutto, noi che abbiamo la fortuna di essere sani
noi ragioniamo senza perdere la calma col controllo di noi stessi senza orribili visioni
noi siamo sani, noi siamo sani
noi siamo fuori dai problemi della psiche, sempre in pace col cervello e con i nostri sentimenticosì normali, i nostri gesti equilibrati non danneggiano nessuno, sempre lucidi e coscienti. (Giorgio Gaber e Sandro Luporini, “Dall’altra parte del cancello”, dallo spettacolo “Far finta di essere sani”, 1973)
“Cosa ha detto? Mi sarebbe utile uno psicologo? Ma come si permette? Mi prende per matto?”
“Mario va dallo psicologo? Oddio, non l’avrei mai detto!”
Per molti è proprio un’equazione: psicologo = medico dei matti, dove matto sta per debole, incomprensibile, strampalato, sbagliato, disdicevole, squilibrato, demente, mentecatto, alienato, bizzarro, fuori di testa, pericoloso, inaffidabile, imprevedibile e in ultima analisi anormale. Tutto il contrario, insomma, di normale, assennato, lucido, razionale, affidabile, responsabile, realizzato e via dicendo. Date queste premesse, per coloro che condividono questa mentalità aver bisogno di andare da uno psicologo rappresenta un vero e proprio stigma sociale, un vergognoso marchio a fuoco.
In realtà quella descritta è una semplificazione che induce pesanti equivoci. Il concetto di normale è da prendere con le pinze.
Normale è ciò che sta nella norma, appunto. La norma cos’è? In statistica si definisce come il valore che compare più frequentemente in una data distribuzione. Più comunemente, se sono in tanti a pensare/fare/dire qualcosa, quel qualcosa è considerato normale, e implicitamente giusto. Ma se la maggior parte delle persone ritiene opportuno perseguitare e uccidere gli ebrei – tanto per fare un esempio – essere normale vuol dire essere un Hitleriano convinto! Nel suo utilizzo corrente questa parola vuol dire tutto e niente, perché rappresenta un concetto assoluto, avulso dal contesto – e per questo irrealistico – e soprattutto non indica di per sé qualcosa di positivo, razionale, nobile, moralmente accettabile. Socialmente però assume proprio questa qualità positiva, e di conseguenza tutto ciò che è considerato anormale appare di per sé riprovevole e vergognoso.
In base a questo tipo di mentalità, se una persona non è felice, se ha una difficoltà che le impedisce di vivere pienamente la sua vita e di realizzare i suoi obiettivi e per questo chiede aiuto ad uno psicoterapeuta non è normale: si pone troppi problemi, spacca i capelli in quattro, fa filosofia, è viziata, è debole, è pazzoide.
È proprio la funzione dello psicologo che viene completamente mistificata da questo pregiudizio. Uno psicoterapeuta – di qualsiasi indirizzo sia – aiuta le persone a costruire la capacità di autoosservarsi e di individuare dei nessi tra il loro disagio e i fattori che lo hanno determinato e lo mantengono nel presente, e di utilizzare al meglio le proprie risorse per neutralizzare quei fattori e innescare dei processi di cambiamento che permettano di adottare nuove modalità di vita più soddisfacenti. Questo processo è applicabile sia in presenza di problemi clinicamente rilevanti che in presenza di bisogni meno strettamente clinici, più legati alla ricerca di maggiore benessere e consapevolezza. Quindi dallo psicoterapeuta ci vanno senz’altro le persone con veri e propri disturbi psichici gravi, ma ci vanno anche moltissime persone che stanno semplicemente vivendo una fase pesante della vita, un passaggio, una relazione difficoltosa, una situazione stressante, una difficoltà emotiva, un lutto, una decisione difficile: cose che capitano a tutti noi, che ci mettono a disagio ma non sono assolutamente da considerare disturbi psichici, e che possono essere risolte meglio e più velocemente con un aiuto qualificato.
Negare il nostro disagio, far finta che non ci sia, raccontarci che possiamo risolvere tutto da soli perché mica siamo pazzi! si rivela in realtà la strada per ingigantire ogni problema. Dunque per affrontare ciò che non ci fa vivere a nostro agio, il primo rovesciamento della medaglia va compiuto abbandonando l’idea che lo psicologo sia una figura che lavora con chi ha qualcosa che non va, spogliandoci di un pregiudizio che agisce innanzitutto contro noi stessi.
Il secondo passo sta nel comprendere che la psicoterapia rappresenta proprio la sospensione di qualsiasi giudizio, per intraprendere un viaggio che ci porta ad esplorare noi stessi, le nostre modalità di relazione e di affermazione, per acquisire una consapevolezza di sé e del nostro valore che può rendere migliore la nostra vita. I nostri disagi non vanno considerati come problemi o malfunzionamenti, ma come dinamiche che siamo abituati a mettere in atto e che non riusciamo a cogliere da soli. E allora, contro ogni pregiudizio, quello che i luoghi comuni non rivelano è che bisogna essere abbastanza sani per scegliere di rivolgersi ad uno psicologo.
Prossima tappa del nostro percorso tra i più comuni pregiudizi sullo Psicologo: “La gente sta benissimo come sta, altro che psicoterapia!”.
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