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Pubblicato martedì 16 Maggio, 2017
“Alzo lo sguardo. Sono disteso sul pavimento accanto al letto. Adesso ricordo. Sono passato dal letto al pavimento nel cuore della notte. Lo faccio quasi tutte le notti. Giova alla mia schiena. Troppe ore su un materasso morbido sono un’agonia. Conto fino a tre, poi inizio a tirarmi su: un processo lungo e difficile. Con un colpo di tosse e un mugolio rotolo su un fianco, poi mi raggomitolo in posizione fetale, infine mi giro a pancia sotto.” 1
E’ così che lo statunitense Andre Agassi, uno dei più grandi tennisti di sempre, descrive una delle sue strategie per convivere con il tremendo mal di schiena che lo affligge, un dolore che gli dà tregua soltanto con dolorose iniezioni di cortisone e che a 36 anni lo fa sentire, al risveglio, un novantaseienne. Lo fa in modo avvincente, brillante, intelligente, nel libro in cui racconta la sua vita di atleta e di uomo, un uomo di grande successo ma anche attraversato da un profondo conflitto esistenziale e dal dolore, non solo fisico. Un libro che ho letto di recente, tutto d’un fiato, che mi ha suscitato profonde emozioni.
La storia non si fa con i “se”, ma… non ho potuto fare a meno di pensare che se Agassi avesse praticato il Metodo GYROTONIC® avrebbe sicuramente ridotto di molto le sue sofferenze fisiche. Così la mente mi è tornata ad un articolo su tennis.it che avevo letto un po’ di tempo fa, in cui si parla di Andy Murray e della sua scelta di inserire il Metodo Gyrotonic nei suoi allenamenti per riacquistare la flessibilità necessaria a superare il dolore derivante dai suoi problemi alla schiena (su cui ha anche subito un intervento chirurgico) e alle anche.
Per un atleta professionista è fondamentale proteggere il corpo dai traumi e dai microtraumi che l’intensa attività sportiva inevitabilmente comporta. Scrive Agassi: “dopo trent’anni di scatti, di arresti in una frazione di secondo, di balzi e atterraggi sul duro, il mio corpo non sembra più il mio”. 2
A proposito del suo allenamento col Gyrotonic, Murray afferma: “Non credo che avrei potuto competere a questi livelli senza il lavoro che sto facendo, perché il mio corpo era davvero molto dolorante. Vorrei aver fatto questo tipo di lavoro sin da quando ero più giovane, ma è chiaro che a 19 o 20 anni uno può giocare ad altissima intensità per poi sentirsi bene lo stesso il giorno dopo” 3. Ha proprio ragione, Murray: col senno di poi sta dicendo che anche in assenza di dolore, per mantenere nel tempo l’efficienza fisica e per migliorare le performance di un atleta è fondamentale adottare un allenamento capace di incrementare la capacità funzionale della colonna vertebrale, creare spazio nelle articolazioni, aumentare l’ampiezza dei movimenti, e il Gyrotonic è un metodo di elezione per raggiungere questi obiettivi.
Perché per ottenere il massimo delle performances da un atleta non è necessario né utile sfruttare il suo corpo fino a consumarlo, ma bisogna rispettarlo, ridurne le sofferenze, prevenire i traumi, renderlo equilibrato e bilanciato in modo che possa sopportare lo stress inevitabile nella pratica di uno sport, soprattutto se agonistico.
Le carriere di questi due grandi atleti sono, in un certo senso, contigue: quella di Agassi si è conclusa nel 2006, poco dopo l’inizio della discesa in campo di Murray, avvenuta nel 2005. Ma rispetto alla cura del corpo e del dolore sembrano appartenere ad epoche molto diverse. Ed è bello scoprire che nel mondo dello sport si inizia a porre attenzione ad una disciplina che può cambiare profondamente la filosofia dell’allenamento di un atleta professionista.
Scopri di più sul Metodo Gyrotonic e su come e perché è così efficace e utile anche per gli sportivi professionisti visitando la sezione Corpo.